Su, oltre lo scalone di Palazzo Municipale, era in pieno svolgimento una seduta del Consiglio comunale quando, nella piazza, le motoseghe hanno affrontato i blocchi di cirmolo. Il rombo improvviso ed..infernale di 21 scultori in azione ha fatto sobbalzare sulle sedie sindaco e assessori.
Era la Settimana Estense del 1984 e iniziava “L’Orlando di legno, ovvero il laboratorio furioso”.
Dal 17 al 23 settembre la città ha visto nascere opere dedicate al capolavoro dell’Ariosto, create da artisti provenienti da molte parti d’Italia, da Aosta a Catanzaro, più un finlandese, un tedesco e un ferrarese abitante in Australia.
Il titolo, ideato da Gianluigi Magoni e da Giorgio Franceschini, era un ironico gioco di parole che calzava a pennello con l’esordio quasi violento dei lavori e l’esibizione di forza necessaria per completare una grande scultura in pochi giorni.
E vinse il ballottaggio con “L’Ottava di legno”, che faceva il verso all’Ottava d’oro, famosa rima ariostesca, alla quale era stato dedicato il titolo della lunghissima serie di manifestazioni ferraresi in onore del Poeta, durate dal 1928 al 1933.
" L'Ottava d'oro"
Ma il tema era stato strategicamente dato per offrire lo spunto, ad artisti tanto diversi fra loro, di immaginare un’opera legata al mondo fantastico del poema e quindi legata al contesto ferrarese. Tanto che per favorirne l’immersione creativa, la prima sera è stato proiettato, su una grande schermo nella piazza, l‘ ”Orlando furioso” di Luca Ronconi, nella sua riduzione filmica del 1975.
Ferrara non ha mai avuto una tradizione di scultura in legno, mancando innanzitutto il materiale primo: il pino cembro cresce in alta montagna, isolato dai boschi, alle pendici delle rocce. E’ un albero protetto, pregiato, perfetto per la scultura; compatto, privo di venature, profumato fino a stordire. Solo il tiglio, che abbiamo in abbondanza nella nostra pianura, compete con il suo primato.
Simposi o concorsi di scultura avvengono in molti luoghi, di ogni parte del mondo. Nei luoghi turistici alpini, come Cortina d’Ampezzo, Asiago e molti altri, c’è la tradizione della scultura in legno, ma esistono pure quelle su marmo in Toscana e andando molto verso nord, quelli su neve e ghiaccio! Gli scultori invitati, in ogni caso, sono ospitati a spese dell’amministrazione locale e vengono dati loro lo spazio e il materiale. In cambio il loro lavoro diventa attrazione turistica e il tutto finisce insieme alla conclusione dell’opera, che rimane di proprietà dell’autore. Quelle in ghiaccio naturalmente rimangono a sciogliersi in loco..
In quegli anni, insieme ad Angela Pasini, partecipavo ai concorsi alpini di scultura lignea e da questa esperienza e dai tanti incontri era nata l’idea di proporla qui in città. Dove non si era mai vista una manifestazione di scultura e la curiosità è stata tanta. Veder nascere, giorno dopo giorno, da ogni blocco di legno una figura diversa ha richiamato una folla di curiosi. Alcune migliaia di persone hanno infatti seguito l’evolversi dei lavori, colloquiando con gli scultori e interessandosi alle diverse tecniche impiegate.
“Tu vai sul popolare!”, mi ha detto Franco Farina, al suo passaggio. La mia maga Alcina, con un uomo ai suoi piedi, stava cominciando a delinearsi, mentre, nella postazione di fianco alla mia, Lino Zanella scolpiva una Angelica incatenata. “Ognuno si porta proprio il suo mondo!”, ha aggiunto, con divertita ironia..
A differenza dei simposi alpini, nei quali si ha a disposizione un tronco, qui in città si era preferito optare per un blocco dello stesso legno di cirmolo, ma assemblato in un grande parallelepipedo. In questo modo ogni artista poteva concepire con più libertà la propria figura, sezionandolo e componendolo in nuove proporzioni.
La “Cooperativa lavoranti in legno” aveva offerto la materia prima, l’Amministrazione comunale l’organizzazione dello spazio della piazza e l’ospitalità. Con una nota simpatica e molto apprezzata dagli scultori: i pranzi tutti insieme da Settimo (e non ognuno in solitudine nel proprio albergo, come avviene altrove), concludendo ogni giornata in un clima festoso.
Lo scultore altoatesino Wilfried Senoner era accompagnato dalla bella moglie e dai figli piccoli, e naturalmente a fine manifestazione chiese di pagare il debito dei loro pranzi. Ma lo straordinario ragionier Raoul Bindini, al quale era stato dato l’incarico, come dipendente comunale, di tutta l’organizzazione dell’evento, rifiutò decisamente e disse: “Non sia mai che a Ferrara facciamo pagare le donne e i bambini!” Un momento indimenticabile, per lo stupore sui visi dei presenti..
Per contattare ed invitare gli scultori, avevo passato intere mattine nell’ufficio di Bindini ed era nato un affetto reciproco. Ferrara ricorda il suo nome tra quelli dei tredici studenti processati assurdamente nel 1942 per aver “offeso l’onore del Capo del Governo Duce del Fascismo distribuendo manifestini sovversivi”. Alle pene della sentenza ricevuta si era aggiunto poi per lui il dramma della perdita di un braccio, durante la guerra.
Eppure era una persona positiva e sorridente.
Sorridenti erano anche i due assessori che da vicino avevano seguito ed appoggiato questa manifestazione: Paolo Mandini ed Emilio Manara: quest’ultimo, con divertita ironia, mi aveva consegnato una una sua personalissima graduatoria in cui posizionava al primo posto tutti gli scultori a pari merito e la sottoscritta per ultima. Ricordo bene le risate!
Dopo i tagli iniziali di sgrossatura, il lavoro di scultura continuava con le sgorbie e la piazza si riempiva di profumo e di trucioli di pino cembro.
E si delineavano opere dagli stili diversissimi. Alcune legate a canoni figurativi, come quelle di Livio Comploi o Egidio Petri, altre essenziali ed astratte, come quelle di Dino Gaspari, Urs Bezold, Gregor Prugger.
Alcuni artisti, già affermati allora ed ancora maggiormente negli anni successivi, come Wilfried Senoner o Guido Muss Mosna (ora non più viventi) crearono opere di grande raffinatezza.
I ferraresi partecipanti erano quattro: Lino Zanella, Angela Pasini ed io (sue allieve negli anni precedenti, in un corso biennale di intaglio e restauro organizzato dalla regione Emilia e Romagna) ed Adriana Mastellari, che dalla creta passava per la prima ed unica volta in quella occasione a cimentarsi con il legno.
In quei giorni era venuto a Ferrara, per il ventennale del Premio Estense ed invitato da Franco Farina a vedere la mostra ai Diamanti “I Dalì di Salvador Dalì”, l’allora Presidente del Senato, Francesco Cossiga. Volle conoscere e salutare tutti gli scultori, e successe che, alla presentazione con Adriana, questa non lo riconobbe affatto, impegnata com’era a creare il suo folle e disperato Orlando . E alla sua domanda: “Chi è il signore?”, tutti i presenti imbarazzatissimi tirarono un respiro di sollievo al sentirlo amabilmente rispondere: “Ha ragione, non sono affatto fotogenico!”
Aneddoti e ricordi riemersi quindi dall’oblio, dopo più di trent’anni, insieme alle tante foto di alcuni fotografi ferraresi che li avevano immortalati. E che riappaiono ora, quando si è appena conclusa la straordinaria mostra a Palazzo dei Diamanti, che ha affascinato migliaia di visitatori. Un'immersione, questa, colta ed incantata nell’immaginario del Poeta, mentre allora, nel "laboratorio furioso", un viaggio di tanti artisti nella fantasia ariostesca per tradurre nel legno il senno di Orlando perduto sulla luna..
Nella consapevolezza del debito perenne che questa città ha con chi ha reso un valore universale il volo infinito del proprio immaginario.
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